Gibson Dark Fire, un robot con sei corde – Parte 1: dubbi amletici
Avete mai pensato ad una chitarra robot? No?!, Beh, fino ad ora nemmeno io. Qualche tempo fa mi è però capitato di dare un’occhiata al sito della Gibson e ne ho notata una che ha immediatamente attratto la mia attenzione, la Dark Fire. Incuriosito dal nome (inizialmente credevo fosse un modello super metallaro!) ho dato un’occhiata alla pagina dedicatale e mi sono imbattuto in qualcosa di decisamente insolito. Nei prossimi paragrafi ve ne parlerò.
Si tratta, in effetti, di una chitarra “ibrida” poiché dotata di processori digitali, meccaniche robotizzate, un potenziometro digitale multifunzione (col quale si controllano le funzioni dell’intero strumento) e tante altre “diavolerie”. Se devo essere sincero il primo impatto è stato un tantino negativo, in quanto sono abbastanza contrario all’elettronica per ciò che riguarda la strumentazione. Succesivamente, ho deciso di informarmi un po’ di più per cercare di capire di fronte a che cosa mi trovassi.
In effetti devo ammettere che l’iniziale avversione è lentamente scemata, lasciando posto ad una curiosità sempre crescente. Leggendo, mi sono in effetti reso conto delle enormi potenzialità dello strumento, che in realtà non è altro che una moderna rivisitazione della leggendaria Les Paul. Infatti, grazie all’elettronica, che le permette di modificare sound e accordatura in pochi istanti, questa chitarra riesce a trascendere i limiti di versatilità a cui ogni strumento è vincolato, rendendola adatta ad ogni situazione e ed ogni genere musicale.
A dispetto di tutto ciò che ho affermato in precedenza, i dubbi che però mi sorgono sono comunque molti; ad esempio: tutta questa elettronica non nuocerà forse allo stile di chi dovrà suonare questa chitarra? Mi viene da pensare che ci sia il rischio di affidarsi troppo alla tecnologia per ottenere il sound desiderato, tralasciando magari il duro lavoro che ogni musicista deve fare sul proprio tocco per ottenere i suoni desiderati; o che si perda di vista la bellezza dello strumento in sé e per sé, poiché ogni basso, ogni chitarra (e qualsiasi altro strumento) possiedono delle proprie caratteristiche che li rendono unici. Se si cerca di eliminare tutto questo – che se condo me è più un pregio che un difetto – c’è il rischio di perdere di vista una delle piccole sfaccettature che rendono così affascinante la musica.
Si tratta solo di ipotesi, ma un vero appassionato è bene che pensi attentamente a tutti questi aspetti (anche se per certi versi si tocca quasi la filosofia!). Il problema fondamentale sta nel fatto che per essere davvero certi dei miracoli promessi dalla casa americana dovremmo poter provare lo strumento di persona, cosa abbastanza difficile, in effetti, dato che la chitarra è stata prodotta in serie limitata, e non è così facile da reperire, vista la particolarità dello strumento.
Per il momento ci fermeremo qui; nelle prossime ore troverete però la seconda parte di questo articolo, dove potrete dare una breve “spulciata” alle caratteristiche uniche della Dark Fire. Mi raccomando, controllate il sito!
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