Gibson Dark Fire, un robot con sei corde – Parte 2: le caratteristiche
Eccoci di nuovo qua a parlare della Dark Fire di Gibson. In questa seconda parte dell’articolo ci dedicheremo ad analizzare in maniera più approfondita le specifiche tecniche della chitarra robot di cui ho iniziato a parlarvi nell’articolo precedente.
Per iniziare, voglio soffermarmi sulle caratteristiche strutturali dello strumento: il corpo è composto dalla classica configurazione mogano/acero (mogano per il corpo ed acero fiammato per il top) e contornato da un binging nero, la tastiera è in ebano, con segnatasti in fibra di carbonio (come la rifinitura dei coperchi dei pickup). Questi ultimi sono anch’essi un’accoppiata classica (anche se rivisitata in chiave moderna), un P90H al manico ed un Burstbucker 3 al ponte. A questi viene affiancato un ponte piezoelettrico dove ogni singola selletta è un pickup a sé stante; questa scelta permette di ottenere suoni acustici che possono essere addirittura miscelati con quelli elettrici, ottenendo sonrità mai viste prima. Per controllare questa funzione basta utilizzare lo switch dei pickup, che a differenza del classico selettore, possiede un pulsante che permette di attivare il piezo, e ruotandone la base, di regolarne il volume.
Il controllo di una delle funzioni più sorprendenti di questo strumento è invece affidato ad un potenziometro digitale, il controllo MCK. Attraverso questo comando, infatti, si possono modificare i settaggi dei pickup, sfruttando così le combinazioni tra le singole bobine, di modo da ottenere le più svariate sonorità (la cosiddetta funzione “Chameleon“, come la chiama Gibson). La chitarra è inoltre dotata di meccaniche robotizzate, anche queste controllate dal controller MCK, in grado di passare automaticamente e in pochi istanti da un’accordatura ad un altra. Tutto questo viene corredato dall’interfaccia Rip, un dispositivo audio firewire che potrete utilizzare per collegare lo strumento al computer e utilizzarlo assieme a software come Guitar Rig 3 e Ableton Live Lite (inclusi peraltro nel package che troverete all’acquisto della Dark Fire).
Per il momento non esistono possibilità di personalizzazione dello strumento, in quanto viene prodotto in una sola versione e in una unica colorazione (body marrone scuro, top rosso fuoco). Viene fornita anche una “discutibile” custodia rigida bianca, che poco si intona coi bei colori dello strumento.
E voi? Che ne pensate di questo strumento, tanto accattivante, quanto altrettanto difficile da “inquadrare”, in un mondo in cui l’elettronica non ha ancora messo le radici negli strumenti a corda?! Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione al riguardo! Per questo motivo vi invito numerosi a lasciare i vostri commenti: fateci sapere la vostra!
Per informazioni più dettagliate visitate il sito web gibson.com.
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secondo me ,parlo da possessore di tele strumento,è ottimo sotto ogni punto di vista,strutturale ,sonoro ed elettronico.io la uso anche come classica les paul analogica ed è meglio del 90 per cento di quelle che ho provato in vita mia,avendo caratteristiche di una custom,peso inferiore,tastiera in ebano ,plek, ecc ecc.
11 Gennaio 2012 alle 15:03chi parla criticando secondo me è semplicemente bigotto,fermo a 40 anni fa o semplicemente non ne ha mai avuta una in mano,al che,prima di giudicare dovrebbe provarla e confrontarla come io nel mio piccolo ho fatto e faccio ogni giorno ed ogni volta prima di giudicare.grazie
Ma il nemico è il musicista per caso?
30 Marzo 2011 alle 07:47Ciao Max!
Da un punto di vista “classico” hai ragione. Però è anche vero che, in contesti molto moderni, si tratta di una soluzione estremamente valida anche dal vivo. Specialmente per chi fa generi in cui c’è bisogno di passare da accordature standard ad accordature droppate (o open), o che necessitano di numerose sonorità all’interno dello stesso pezzo.
A mio avviso non bisogna pensare a questa chitarra come ad uno strumento per fare generi classici; per me si tratta di uno strumento innovativo, pensato per musicisti d’avanguardia, con esigenze altrettanto modorne e particolari. Il fatto che poi la si possa utilizzare anche come una normale Les Paul non significa che vada considerata come tale. Sarebbe proprio un grave errore!
Ad ogni modo, questa è soltanto la mia modesta opinione! Spero che qualcun altro abbia voglia di condividere la sua con noi.
5 Novembre 2010 alle 20:45Ciao,
Alessio
Mahh..a dirla francamente io una 6 corde come la Dark Fire la userei per lo studio, e’ evidente che la tecnologia serve per la comodita’ e a volte ora come ora anche per un grosso risparmio di denaro, quindi avendo la possibilita’ di adoperare le accordauture open in un secondo, o cambiare chiatarra da elettrica ad acustica, decisamente fa gola . Invece da nostalgico dico , che in sede live preferirei non usare molta innovativita’ , una Les Paul cosi’ , snaturerebbe il fascino che da molte generazioni e’ marchiato con nome di questa ditta.
3 Novembre 2010 alle 14:25Max